DOTT.SSA ELMA SUKAJ – PSICOLOGA, PSICOTERAPEUTA E MEDIATRICE FAMILIARE

Disturbi trattati

Intervengo in caso di disturbi vari tra cui disturbi d’ansia, attacchi di panico, lutto, depressione, dipendenza emotiva, dipendenza da sostanze, altre forme di dipendenza (da alcol, shopping compulsivo, da accumulo), disturbi alimentari (bulimia, anoressia, binge-eating), disturbi da stress post-traumatico, disturbo di adattamento, schizofrenia, disturbo delirante, disturbi psicosomatici, fibromialgia, disturbo ossessivo-compulsivo, ipocondria, disturbi del sonno e disturbi di personalità.

Ritengo sia importante la collaborazione continua con il cliente nella definizione degli obiettivi che possono essere riaggiornati man mano che il percorso di crescita continua sia all’interno dello studio del terapeuta sia nella vita quotidiana, nelle interazioni continue con il mondo fuori e con le relazioni. Il tipo di intervento va cucito addosso alla persona, non solo in base ai sintomi che lamenta, ma anche in base alla sua storia di vita passata e attuale e alle risorse presenti. Il terapeuta possiede la torcia per illuminare e rendere più scorrevole un passaggio la cui mappa è nelle mani del cliente.

Il percorso psicoterapeutico è quindi  responsabilità di entrambi, terapeuta e cliente. Io mi assumo continuamente la mia responsabilità arricchendo la mia formazione di nuovi approcci, tecniche e informazioni provenienti dagli studi di ricerca, aggiornandomi continuamente e perfezionando le competenze già in mio possesso.  E Lei?

Se è finita su questa pagina probabilmente sta cercando una soluzione alla Sua sofferenza. Spero di soddisfare almeno in parte il Suo bisogno di capire un po’ di più su come funziona un percorso di psicoterapia. Se necessita altre informazioni che non trova in questa pagina mi può contattare telefonicamente al numero 346 6635524 oppure via e-mail all’indirizzo e_sukaj@yahoo.it. Cercherò di rispondere a tutte le Sue domande.

IL LUTTO, IL DOLORE PER LA PERDITA

La perdita di una persona cara è un’esperienza dolorosa e può diventare un trauma sia quando sopraggiunge dopo una malattia sia quando è improvvisa.
Non ci sono però tempi e modi “giusti” per reagire alla perdita nonostante culturalmente si aspetti che la persona in lutto si disperi e abbia reazioni evidenti del dolore che prova dentro per un periodo di tempo che non sia brevissimo e che non superi qualche mese.
Le reazioni alla perdita possono essere svariate e spesso soverchianti e totalizzanti portando ad uno stato di spaesamento, perdita di senso della propria vita oppure di anestesia e vuoto. Va in crisi l’identità in quanto ci si chiede chi siamo in assenza del nostro caro che ci faceva da specchio e da sostegno. Vanno in crisi i postulati che ci hanno guidati nella vita, il mondo, la vita diventano sconosciuti e difficili da gestire. La gamma delle emozioni provate è molto ampia e va dalla rabbia e l’iniziale negazione della perdita alla disperazione, la profonda tristezza, l’impotenza, l’angoscia, la confusione, i sensi di colpa per essere sopravvissuto al proprio caro o per non aver fatto in tempo a risolvere un conflitto rimasto in sospeso.
Non ci sono pozioni o bacchette magiche che cancellano le sensazioni e le emozioni, questi hanno bisogno di essere espressi ed elaborati lasciando il posto ai bei ricordi della vita vissuta insieme. Si arriva in questo modo ad integrare dentro di noi la presenza del caro che non c’è più per sentirlo dentro e continuare ad amarlo in sua assenza.
In questo modo la sua presenza dentro di noi diventa una risorsa interiorizzata, una voce che ci guiderà sempre sia nei momenti belli sia in quelli difficili, il dialogo interiore non cessa di esistere.
Il processo di elaborazione della perdita non è sempre facile e richiede oltre alla presenza di proprie risorse interiori anche il sostegno della famiglia e degli amici. La figura dello psicologo diventa un’ulteriore risorsa che non sostituisce ma integra quanto già presente offrendo uno spazio professionale di ascolto, espressione, contenimento ed elaborazione delle emozioni, sensazioni e pensieri che bloccano la vita nel qui ed ora.

Collaboro con Onoranze Funebri Cesena di Mascali e Butteri per garantire un immediato aiuto psicologico a chi si trova ad affrontare il dolore per la perdita di un caro.

LA DISCONFERMA

Se si riflette sulla diversità in senso lato non si può non pensare al grande psicologo, William James vissuto tra fine ‘800 e inizio ‘900. Nonostante vivesse in un’epoca lontana e tanto diversa dalla nostra il suo pensiero è alquanto attuale.

Scrive William James: “Se fosse realizzabile, non ci sarebbe pena più diabolica di quella di concedere a un individuo la libertà assoluta dei suoi atti in una società in cui nessuno si accorge di lui” (James W., Psychology, 1892).

Per esistere si ha bisogno della conferma che arriva da fuori, dagli altri perché in fondo non c’è un Io se non c’è un TU con cui interagire. Spesso però capita che una persona è talmente diversa che interagire con essa diventa impegnativo e quindi si preferisce ignorarla. Ma la disconferma porta il “diverso” in una posizione al margine, né dentro e né fuori la società sviluppando in lui sofferenza e disagio che diventano onerosi a livello socio-economico. E allora mi chiedo se nel cercare di rendere la nostra vita più facile non la complichiamo ulteriormente solo per il fatto di non essere previdenti e riflessivi abbastanza su ciò che ci succede?!

ANSIA

Il termine ansia deriva da anxia che in latino significa stringere, soffocare che sono le sensazioni tipiche di uno stato ansioso. I disturbi che si presentano con sintomi di ansia sono tanti ma il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi psichiatrici (DSM-V) considera tra i disturbi d’ansia i seguenti:

-disturbo d’ansia da separazione (paura o ansia eccessiva, inappropriata rispetto all’età che riguarda la separazione dalle figure di attaccamento)

-il mutismo selettivo (costante incapacità di parlare in situazioni sociali specifiche nonostante la capacità di farlo sia mantenuta in altri contesti)

– le fobie specifiche (paura o ansia marcata, persistente e sproporzionata è scatenata da specifici stimoli che possono essere: animali; ambienti naturali come altezze, acqua, temporali; sangue, iniezioni, ferite; situazionali come guidare, volare, attraversare gallerie, ponti o spazi chiusi; paura dei rumori forti; nei bambini paura dei personaggi in maschera, dei clown.

– ansia sociale o fobia sociale (paura o ansia marcata, persistente e sproporzionata di una o più situazioni sociali che implicano l’esposizione e quindi l’esame da parte degli altri

– attacco di panico (paura o disagio intenso che raggiungono il picco in pochi minuti e si presentano con sintomi fisici come tremore, aumento della sudorazione, accelerazione del battito cardiaco, emotivi e cognitivi come la paura di perdere il controllo, la paura di morire).

-agorafobia (paura o ansia eccessiva rispetto al reale pericolo relativo a situazioni dove la fuga è difficile o dove è impossibile trovare soccorso nel caso si sviluppino sintomi simili al panico o altri sintomi invalidanti o imbarazzanti: trovarsi soli fuori casa; trovarsi nella folla o in fila; trovarsi sui trasporti pubblici; trovarsi in spazi chiusi come ascensori, teatri, cinema; trovarsi in spazi aperti come parcheggi, mercati, ponti)

– disturbo d’ansia generalizzata (ansia e preoccupazione persistenti ed eccessive riguardanti diversi ambiti della vita, e comunque eventi e questioni sia importanti sia di gestione quotidiana come i lavori di casa, i compiti di scuola, ecc.)

ATTACCO DI PANICO

“…finchè il dio Pan non è soddisfatto dell’ascolto ricevuto continua ad urlare e a bussare, gioca al rialzo.”

“Ciò a cui si resiste persiste, ciò che si prova scompare.”                                          WernerErhardt

La parola “panico” deriva da Pan, il nome dell’antica divinità dei boschi e della natura, dall’aspetto spaventoso e inquietante perché mezzo uomo e mezzo animale. Secondo la mitologia greca, il dio Pan si aggira nelle foreste, insegue le ninfe e le spaventa. È molto difficile evitarlo perché arriva all’improvviso e cambiando aspetto ogni volta. Si allontana poi repentinamente lasciando dietro di sé un senso di ansia e di inquietudine per la paura, la preoccupazione che torni di nuovo senza preavviso. Nonostante questo dio non faccia male a nessuno tutti lo evitano proprio perché è brutto, imprevedibile e fa paura.

Le ninfe lo temono per queste sue caratteristiche e lui si diverte e trae forza da questo loro spavento. Più esse fuggono e più Pan si sente spinto a inseguirle. È da qui che nasce il panico delle ninfe (più forte è lo spavento che provo più sto male, più sto male più provo spavento – caratteristica degli attacchi di panico).

Nel DISTURBO DI PANICO la persona sperimenta ricorrenti attacchi di panico INASPETTATI che comportano la paura costante di averne altri e quindi spesso anche la messa in atto di comportamenti che cercano di evitare e controllare l’eventuale insorgenza di nuovi attacchi.

Come si presentano gli attacchi di panico?

Gli attacchi di panico comportano la comparsa di paura o disagio intenso che raggiungono il picco in pochi minuti (di solito entro 20 minuti) e si presentano con sintomi fisici, emotivi e cognitivi :

        • palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia
        • sudorazione
        • tremori fini o a grandi scosse
        • dispnea o sensazione di soffocamento
        • sensazione di asfissia
        • dolore o fastidio al petto
        • nausea o disturbi addominali
        • sensazioni di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento
        • derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da se stessi)
        • paura di perdere il controllo o di impazzire
        • paura di morire
        • parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio)
        • brividi o vampate di calore

Questi attacchi che possono essere attesi (in risposta ad uno stimolo) o inaspettati (la persona non riesce ad individuare la causa) implicano la messa in atto di comportamenti che cercano di evitare e controllare l’eventuale insorgenza di nuovi attacchi.

Un tipo di attacco di panico inaspettato è quello NOTTURNO (svegliarsi dal sonno in uno stato di panico) che è diverso da quello che avviene al risveglio.

 

Quali altri sintomi?

Oltre i sintomi invalidanti e che tanto spaventano nella persona che ha attacchi di panico si sviluppano una serie di comportamenti e atteggiamenti che comportano ulteriore disagio e sofferenza. Tra questi troviamo l’attenzione eccessiva e lo stato di allerta verso le sensazioni del proprio corpo (specialmente ai sintomi neurovegetativi scatenati dall’aumento dell’adrenalina come tremore, aumento della sudorazione, accelerazione del battito cardiaco, ecc.). Questi sintomi sono vissuti e interpretati come conferma del pericolo imminente e dell’incapacità di gestire la situazione. Purtroppo questa attenzione eccessiva verso questi sintomi porta all’aumento del ritmo respiratorio (respirazione veloce e superficiale) che comporta iperventilazione. È a questa iperventilazione che spesso si attribuisce l’alterazione dello stato di coscienza tipica degli attacchi di panico e l’aumento dei sintomi che tanto si temono e che paradossalmente la persona scatena da sola.

Questa attenzione eccessiva ai sintomi porta anche al bisogno di evitare di trovarsi da soli e tutte quelle situazioni che possono scatenare attacchi di panico. Ne conseguono limitazione di autonomia, isolamento sociale, reazioni emotive con demoralizzazione, umore basso, colpevolizzazione (più o meno esplicita) da parte dei familiari e amici. La persona può sentirsi dire ferquentemente da tutti che è una questione di volontà, che non ha niente, che ce la deve fare. Sappiamo però che le cose stanno diversamente e si ha bisogno di essere creduti e supportati nel superamento della sofferenza.

Quanto è diffuso l’attacco di panico?

La comparsa sporadica dell’attacco di panico nella popolazione generale è molto elevata. Si stima che circa 30-35% della popolazione abbia esperito almeno una volta un attacco di panico.

Il disturbo di panico (frequenti e ricorrenti attacchi di panico) ha una prevalenza del 1,2-2,4% nella popolazione generale e sembra sia in costante aumento.

Insorge di solito nella tarda adolescenza e nella prima età adulta, raramente dopo i 45 anni.

Quali sono le cause degli attacchi di panico?

Gli attacchi di panico sono solo la punta dell’iceberg di tutta la sofferenza e il disagio sottostante. Sono i campanelli d’allarme che in quanto tali vanno ascoltati perché ci indicano il disagio e la via da percorrere per stare bene. Sono i segnali che il nostro corpo in sintonia con la nostra mente ci manda per costringerci a fermarci e ascoltarci. Non ce la fanno più a stare male e, se non li ascoltiamo, alzano il tiro finché non ci fermiamo.

I motivi che ci portano a stare male sono tanti. Oltre ad una certa predisposizione temperamentale e vulnerabilità dovuta a eventi stressanti e traumatici nella prima infanzia, dagli studi fatti, sembra che i pazienti con attacchi di panico presentino una maggiore incidenza di eventi esistenziali stressanti, in particolare lutti (morte, separazioni, abbandoni, rotture relazionali) nel periodo che precede l’esordio del disturbo.

 

Cosa posso fare per superare gli attacchi di panico?

Se si ha provato a fare da soli e non si è riusciti a superare gli attacchi di panico significa che non abbiamo compreso il meccanismo che li sostiene. L’aiuto di un psicoterapeuta è molto utile per comprendere ciò che ci fa stare e lavorare per superarlo. Gli attacchi di panico cesseranno di farsi sentire nel momento che il nostro corpo e la nostra mente non vivono disagi e conflitti. Insieme al professionista si apprendono anche tecniche e strategie di autogestione in caso di insorgenza di sintomi di ansia durante il percorso di psicoterapia.

DISTURBI DISSOCIATIVI e SINTOMI DISSOCIATIVI

DISTURBI DISSOCIATIVI e SINTOMI DISSOCIATIVI

Per disturbi dissociativi si intendono quei disturbi che sono caratterizzati dalla scissione o interruzione momentanea dello stato normale della MEMORIA, dell’IDENTITÀ, della COSCIENZA, della PERCEZIONE. Si ha quindi un contatto alterato con se stessi, con i ricordi e con il mondo circostante. Questa alterazione si riscontra frequentemente nel periodo successivo ad un trauma o stress forte.

Quali sono i disturbi dissociativi?

I disturbi sono tre:

AMNESIA DISSOCIATIVA (problemi con la memoria generalizzata, di alcuni momenti della vita o delle procedure che si conoscono molto bene)

DISTURBO DISSOCIATIVO DELL’IDENTITA’ (scissione dell’identità caratterizzata da due o più stati di personalità distinti, che in alcune culture può essere descritta come un’esperienza di possessione)

DISTURBO DA DEPERSONALIZZAZIONE/DEREALIZZAZIONE (sensazione di distacco dal proprio corpo o dai propri processi mentali come se questi fossero osservati dall’esterno)

Quali sono i sintomi dissociativi e come si manifestano?

I sintomi dissociativi sono di due tipi: di distacco e di compartimentazione.

I sintomi di distacco sono manifestazioni di esperienze di distacco da sé e dalla realtà provando forte disagio e non riconoscimento delle proprie emozioni, pensieri e corpo. La persona prova:

    • depersonalizzazione (distacco e non riconoscimento del proprio corpo e sensazioni corporee; la tipica sensazione di osservarsi da fuori);
    • anestesia emotiva (ottundimento, apatia);
    • stato di trance come se fosse sotto ipnosi;
    • derealizzazione (distacco dal qui ed ora);
    • déja-vu e/o déja-vecu (sensazione di aver già visto o vissuto quanto si sta vedendo o vivendo).

I sintomi da compartimentazione riguardano la scissione e il malfunzionamento di funzioni mentali come memoria, identità, percezione di se stessi (immagine corporea), controllo delle proprie emozioni e dei movimenti volontari. La persona lamenta:

    • amnesia (vuoti di memoria che possono riguardare tutta la vita o periodi particolari o momenti di una determinata esperienza traumatica);
    • anestesia (tatto, udito, vista);
    • analgesia (non provare dolore);
    • dolore senza una reale causa fisica;
    • difficoltà a controllare movimenti fisici volontari.

Altri sintomi riguardano l’identità manifestandosi come presenza di diverse persone all’interno del soggetto sofferente. Questa manifestazione si conosceva prima con il nome di Disturbo di Personalità Multipla. La persona assume diverse identità che possono essere anche 100 in momenti diversi della giornata o in periodi diversi della sua vita. Queste identità diverse sono stati del Sé dissociati usati inizialmente come strategia di sopravvivenza per distanziarsi dall’esperienza traumatica ma, a lungo andare, assumono vita propria e diventano vere e proprie personalità secondarie. Tutte le personalità sono semplicemente rappresentazioni distinte di ricordi, pensieri, emozioni e immagini del Sé della persona, quindi sono parti di un’unica personalità frammentata.

Perché sviluppiamo sintomi dissociativi?

La funzione principale è quella di difendere il soggetto dal trauma in modo tale che riesca, seppure illusoriamente, a mantenere il controllo psicologico mentre prova una sensazione di impotenza e di perdita di controllo. Si ottiene tutto ciò:

    • distaccandosi dall’evento traumatico;
    • posticipando nel tempo e in un momento adeguato l’elaborazione del trauma vissuto;
    • tenendo separate e controllate differenti rappresentazioni del Sé poiché sono reciprocamente in conflitto (per es. “dimenticare” di aver subito una violenza sessuale mentre si porta avanti il ruolo di dirigente d’azienda).

Sono quindi reazioni di auto-protezione in un momento di minaccia reale, presunta oppure semplicemente ricordata come avviene successivamente al trauma.

I sintomi dissociativi si trovano solo nei disturbi dissociativi?

Assolutamente no, sono presenti in tanti tipi di disturbi e come reazione in forme di sofferenza psico-emotiva. I sintomi di depersonalizzazione e derealizzazione sono molto frequenti negli attacchi di panico o nei disturbi da stress e trauma. In questi ultimi si trovano spesso anche forme di amnesia, analgesia e dolori fisici.

Quanto sono frequenti i disturbi dissociativi?

Fino agli anni ottanta i disturbi dissociativi sono stati poco considerati in letteratura perché sembravano estremamente rari. Oggi si riscontrano nel 10% della popolazione generale soprattutto in quelle persone che hanno vissuto un’esperienza traumatica come terremoto, incidente, stupro, guerre, ecc.

La psicoterapia con i disturbi dissociativi

Sono più utili gli interventi individuali rispetto a quelli di gruppo per evitare la forte suggestionabilità e quindi l’eccessivo riconoscimento nella storia e nel dolore altrui. La terapia mira a:

    • raggiungere una migliore integrazione della percezione di se stessi e della propria storia;
    • sviluppare una rappresentazione di se stessi e degli altri più coerente e funzionale al benessere psico-emotivo;
    • combattere la sensazione di impotenza appresa.

La psicoterapia sistemico-relazionale aiuta a ricostruire la propria storia di vita e familiare, ritrovare se stessi all’interno di un luogo di appartenenza e quindi nei legami significativi. Si ottiene un’integrazione della propria identità, dei ricordi, del tempo vissuto internamente e un ri-orientamento spazio-temporale. La terapia EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) completa il lavoro terapeutico con l’elaborazione dei vissuti traumatici  e l’installazione di risorse utili per la conduzione di una vita serena.

I sintomi dissociativi possono essere un problema da gestire durante lo svolgimento della terapia. Il terapeuta deve saperli riconoscere e gestirli per rendere possibile la conduzione della seduta e il raggiungimento degli obiettivi terapeutici. La persona può riferire di non ricordare niente, di non avere niente di particolare da trattare insieme al professionista, di non provare nulla mentre ricorda determinati eventi dolorosi, di avere la sensazione di fluttuare sopra il proprio corpo o di non essere presente nel dialogo. Può capitare che la persona accusi sonnolenza improvvisa che manifesta con sbadigli, intorpidimento oppure cefalee improvvise e altri sintomi fisici che costringono il professionista ad interrompere il lavoro che sta cercando di portare avanti. In alcune occasioni la persona può anche alzarsi in piedi e provare ad uscire dallo studio del terapeuta mostrando perplessità sul motivo dell’incontro.

  • Attacco di Panico

    Attacco di Panico

    “…finchè il dio Pan non è soddisfatto dell’ascolto ricevuto continua ad urlare e a bussare, gioca al rialzo.”

    “Ciò a cui si resiste persiste, ciò che si prova scompare.”                                          WernerErhardt

    La parola “panico” deriva da Pan, il nome dell’antica divinità dei boschi e della natura, dall’aspetto spaventoso e inquietante perché mezzo uomo e mezzo animale. Secondo la mitologia greca, il dio Pan si aggira nelle foreste, insegue le ninfe e le spaventa. È molto difficile evitarlo perché arriva all’improvviso e cambiando aspetto ogni volta. Si allontana poi repentinamente lasciando dietro di sé un senso di ansia e di inquietudine per la paura, la preoccupazione che torni di nuovo senza preavviso. Nonostante questo dio non faccia male a nessuno tutti lo evitano proprio perché è brutto, imprevedibile e fa paura.

    Le ninfe lo temono per queste sue caratteristiche e lui si diverte e trae forza da questo loro spavento. Più esse fuggono e più Pan si sente spinto a inseguirle. È da qui che nasce il panico delle ninfe (più forte è lo spavento che provo più sto male, più sto male più provo spavento – caratteristica degli attacchi di panico).

    Nel DISTURBO DI PANICO la persona sperimenta ricorrenti attacchi di panico INASPETTATI che comportano la paura costante di averne altri e quindi spesso anche la messa in atto di comportamenti che cercano di evitare e controllare l’eventuale insorgenza di nuovi attacchi.

    Come si presentano gli attacchi di panico?

    Gli attacchi di panico comportano la comparsa di paura o disagio intenso che raggiungono il picco in pochi minuti (di solito entro 20 minuti) e si presentano con sintomi fisici, emotivi e cognitivi :

    palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia

    sudorazione

    tremori fini o a grandi scosse

    dispnea o sensazione di soffocamento

    sensazione di asfissia

    dolore o fastidio al petto

    nausea o disturbi addominali

    sensazioni di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento

    derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da se stessi)

    paura di perdere il controllo o di impazzire

    paura di morire

    parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio)

    brividi o vampate di calore

    Questi attacchi che possono essere attesi (in risposta ad uno stimolo) o inaspettati (la persona non riesce ad individuare la causa) implicano la messa in atto di comportamenti che cercano di evitare e controllare l’eventuale insorgenza di nuovi attacchi.

    Un tipo di attacco di panico inaspettato è quello NOTTURNO (svegliarsi dal sonno in uno stato di panico) che è diverso da quello che avviene al risveglio.

     
    Quali altri sintomi?

    Oltre i sintomi invalidanti e che tanto spaventano nella persona che ha attacchi di panico si sviluppano una serie di comportamenti e atteggiamenti che comportano ulteriore disagio e sofferenza. Tra questi troviamo l’attenzione eccessiva e lo stato di allerta verso le sensazioni del proprio corpo (specialmente ai sintomi neurovegetativi scatenati dall’aumento dell’adrenalina come tremore, aumento della sudorazione, accelerazione del battito cardiaco, ecc.). Questi sintomi sono vissuti e interpretati come conferma del pericolo imminente e dell’incapacità di gestire la situazione. Purtroppo questa attenzione eccessiva verso questi sintomi porta all’aumento del ritmo respiratorio (respirazione veloce e superficiale) che comporta iperventilazione. È a questa iperventilazione che spesso si attribuisce l’alterazione dello stato di coscienza tipica degli attacchi di panico e l’aumento dei sintomi che tanto si temono e che paradossalmente la persona scatena da sola.

    Questa attenzione eccessiva ai sintomi porta anche al bisogno di evitare di trovarsi da soli e tutte quelle situazioni che possono scatenare attacchi di panico. Ne conseguono limitazione di autonomia, isolamento sociale, reazioni emotive con demoralizzazione, umore basso, colpevolizzazione (più o meno esplicita) da parte dei familiari e amici. La persona può sentirsi dire ferquentemente da tutti che è una questione di volontà, che non ha niente, che ce la deve fare. Sappiamo però che le cose stanno diversamente e si ha bisogno di essere creduti e supportati nel superamento della sofferenza.

    Quanto è diffuso l’attacco di panico?

    La comparsa sporadica dell’attacco di panico nella popolazione generale è molto elevata. Si stima che circa 30-35% della popolazione abbia esperito almeno una volta un attacco di panico.

    Il disturbo di panico (frequenti e ricorrenti attacchi di panico) ha una prevalenza del 1,2-2,4% nella popolazione generale e sembra sia in costante aumento.

    Insorge di solito nella tarda adolescenza e nella prima età adulta, raramente dopo i 45 anni.

    Quali sono le cause degli attacchi di panico?

    Gli attacchi di panico sono solo la punta dell’iceberg di tutta la sofferenza e il disagio sottostante. Sono i campanelli d’allarme che in quanto tali vanno ascoltati perché ci indicano il disagio e la via da percorrere per stare bene. Sono i segnali che il nostro corpo in sintonia con la nostra mente ci manda per costringerci a fermarci e ascoltarci. Non ce la fanno più a stare male e, se non li ascoltiamo, alzano il tiro finché non ci fermiamo.

    I motivi che ci portano a stare male sono tanti. Oltre ad una certa predisposizione temperamentale e vulnerabilità dovuta a eventi stressanti e traumatici nella prima infanzia, dagli studi fatti, sembra che i pazienti con attacchi di panico presentino una maggiore incidenza di eventi esistenziali stressanti, in particolare lutti (morte, separazioni, abbandoni, rotture relazionali) nel periodo che precede l’esordio del disturbo.

     
    Cosa posso fare per superare gli attacchi di panico?

    Se si ha provato a fare da soli e non si è riusciti a superare gli attacchi di panico significa che non abbiamo compreso il meccanismo che li sostiene. L’aiuto di un psicoterapeuta è molto utile per comprendere ciò che ci fa stare e lavorare per superarlo. Gli attacchi di panico cesseranno di farsi sentire nel momento che il nostro corpo e la nostra mente non vivono disagi e conflitti. Insieme al professionista si apprendono anche tecniche e strategie di autogestione in caso di insorgenza di sintomi di ansia durante il percorso di psicoterapia.

  • Il Lutto, il Dolore per la Perdita

    Il Lutto, il Dolore per la Perdita

    La perdita di una persona cara è un’esperienza dolorosa e può diventare un trauma sia quando sopraggiunge dopo una malattia sia quando è improvvisa.

    Non ci sono però tempi e modi “giusti” per reagire alla perdita nonostante culturalmente si aspetti che la persona in lutto si disperi e abbia reazioni evidenti del dolore che prova dentro per un periodo di tempo che non sia brevissimo e che non superi qualche mese.

    Le reazioni alla perdita possono essere svariate e spesso soverchianti e totalizzanti portando ad uno stato di spaesamento, perdita di senso della propria vita oppure di anestesia e vuoto. Va in crisi l’identità in quanto ci si chiede chi siamo in assenza del nostro caro che ci faceva da specchio e da sostegno. Vanno in crisi i postulati che ci hanno guidati nella vita, il mondo, la vita diventano sconosciuti e difficili da gestire. La gamma delle emozioni provate è molto ampia e va dalla rabbia e l’iniziale negazione della perdita alla disperazione, la profonda tristezza, l’impotenza, l’angoscia, la confusione, i sensi di colpa per essere sopravvissuto al proprio caro o per non aver fatto in tempo a risolvere un conflitto rimasto in sospeso.

    Non ci sono pozioni o bacchette magiche che cancellano le sensazioni e le emozioni, questi hanno bisogno di essere espressi ed elaborati lasciando il posto ai bei ricordi della vita vissuta insieme. Si arriva in questo modo ad integrare dentro di noi la presenza del caro che non c’è più per sentirlo dentro e continuare ad amarlo in sua assenza.

    In questo modo la sua presenza dentro di noi diventa una risorsa interiorizzata, una voce che ci guiderà sempre sia nei momenti belli sia in quelli difficili, il dialogo interiore non cessa di esistere.

    Il processo di elaborazione della perdita non è sempre facile e richiede oltre alla presenza di proprie risorse interiori anche il sostegno della famiglia e degli amici. La figura dello psicologo diventa un’ulteriore risorsa che non sostituisce ma integra quanto già presente offrendo uno spazio professionale di ascolto, espressione, contenimento ed elaborazione delle emozioni, sensazioni e pensieri che bloccano la vita nel qui ed ora.

    Collaboro con Onoranze Funebri Cesena di Mascali e Butteri per garantire un immediato aiuto psicologico a chi si trova ad affrontare il dolore per la perdita di un caro.

  • Disturbi di Ansia

    Disturbi di Ansia

    Io termine ansia deriva da anxia che in latino significa stringere, soffocare che sono le sensazioni tipiche di uno stato ansioso. I disturbi che si presentano con sintomi di ansia sono tanti ma il manuale diagnostico e statistico dei disturbi psichiatrici (DSM-V) considera tra i disturbi d’ansia i seguenti:

    • Disturbo d’Ansia da Separazione (paura o ansia eccessiva, inappropriata rispetto all’età che riguarda la separazione dalle figure di attaccamento)
    • Mutismo Selettivo (costante incapacità di parlare in situazioni sociali specifiche nonostante la capacità di farlo sia mantenuta in altri contesti)
    • Fobie Specifiche (paura o ansia marcata, persistente e sproporzionata è scatenata da specifici stimoli che possono essere: animali; ambienti naturali come altezze, acqua, temporali; sangue, iniezioni, ferite; situazionali come guidare, volare, attraversare gallerie, ponti o spazi chiusi; paura dei rumori forti; nei bambini paura dei personaggi in maschera, dei clown.
    • Ansia Sociale o Fobia Sociale (paura o ansia marcata, persistente e sproporzionata di una o più situazioni sociali che implicano l’esposizione e quindi l’esame da parte degli altri
    • Attacco di Panico (paura o disagio intenso che raggiungono il picco in pochi minuti e si presentano con sintomi fisici come tremore, aumento della sudorazione, accelerazione del battito cardiaco, emotivi e cognitivi come la paura di perdere il controllo, la paura di morire).
    • Agorafobia (paura o ansia eccessiva rispetto al reale pericolo relativo a situazioni dove la fuga è difficile o dove è impossibile trovare soccorso nel caso si sviluppino sintomi simili al panico o altri sintomi invalidanti o imbarazzanti: trovarsi soli fuori casa; trovarsi nella folla o in fila; trovarsi sui trasporti pubblici; trovarsi in spazi chiusi come ascensori, teatri, cinema; trovarsi in spazi aperti come parcheggi, mercati, ponti)
    • Disturbo d’Ansia Generalizzata (ansia e preoccupazione persistenti ed eccessive riguardanti diversi ambiti della vita, e comunque eventi e questioni sia importanti sia di gestione quotidiana come i lavori di casa, i compiti di scuola, ecc.)
  • DISTURBI DISSOCIATIVI e SINTOMI DISSOCIATIVI


    Per disturbi dissociativi si intendono quei disturbi che sono caratterizzati dalla scissione o interruzione momentanea dello stato normale della MEMORIA, dell’IDENTITÀ, della COSCIENZA, della PERCEZIONE. Si ha quindi un contatto alterato con se stessi, con i ricordi e con il mondo circostante. Questa alterazione si riscontra frequentemente nel periodo successivo ad un trauma o stress forte.

    Quali sono i disturbi dissociativi?

    I disturbi sono tre:

    AMNESIA DISSOCIATIVA (problemi con la memoria generalizzata, di alcuni momenti della vita o delle procedure che si conoscono molto bene)

    DISTURBO DISSOCIATIVO DELL’IDENTITA’ (scissione dell’identità caratterizzata da due o più stati di personalità distinti, che in alcune culture può essere descritta come un’esperienza di possessione)

    DISTURBO DA DEPERSONALIZZAZIONE/DEREALIZZAZIONE (sensazione di distacco dal proprio corpo o dai propri processi mentali come se questi fossero osservati dall’esterno)

    Quali sono i sintomi dissociativi e come si manifestano?

    I sintomi dissociativi sono di due tipi: di distacco e di compartimentazione.

    I sintomi di distacco sono manifestazioni di esperienze di distacco da sé e dalla realtà provando forte disagio e non riconoscimento delle proprie emozioni, pensieri e corpo. La persona prova:

    depersonalizzazione (distacco e non riconoscimento del proprio corpo e sensazioni corporee; la tipica sensazione di osservarsi da fuori);

    – anestesia emotiva (ottundimento, apatia);

    – stato di trance come se fosse sotto ipnosi;

    – derealizzazione (distacco dal qui ed ora);

    – déja-vu e/o déja-vecu (sensazione di aver già visto o vissuto quanto si sta vedendo o vivendo).

    I sintomi da compartimentazione riguardano la scissione e il malfunzionamento di funzioni mentali come memoria, identità, percezione di se stessi (immagine corporea), controllo delle proprie emozioni e dei movimenti volontari. La persona lamenta:

    – amnesia (vuoti di memoria che possono riguardare tutta la vita o periodi particolari o momenti di una determinata esperienza traumatica);

    – anestesia (tatto, udito, vista);

    – analgesia (non provare dolore);

    – dolore senza una reale causa fisica;

    – difficoltà a controllare movimenti fisici volontari.

    Altri sintomi riguardano l’identità manifestandosi come presenza di diverse persone all’interno del soggetto sofferente. Questa manifestazione si conosceva prima con il nome di Disturbo di Personalità Multipla. La persona assume diverse identità che possono essere anche 100 in momenti diversi della giornata o in periodi diversi della sua vita. Queste identità diverse sono stati del Sé dissociati usati inizialmente come strategia di sopravvivenza per distanziarsi dall’esperienza traumatica ma, a lungo andare, assumono vita propria e diventano vere e proprie personalità secondarie. Tutte le personalità sono semplicemente rappresentazioni distinte di ricordi, pensieri, emozioni e immagini del Sé della persona, quindi sono parti di un’unica personalità frammentata.

    Perché sviluppiamo sintomi dissociativi?

    La funzione principale è quella di difendere il soggetto dal trauma in modo tale che riesca, seppure illusoriamente, a mantenere il controllo psicologico mentre prova una sensazione di impotenza e di perdita di controllo. Si ottiene tutto ciò:

    – distaccandosi dall’evento traumatico;

    – posticipando nel tempo e in un momento adeguato l’elaborazione del trauma vissuto;

    – tenendo separate e controllate differenti rappresentazioni del Sé poiché sono reciprocamente in conflitto (per es. “dimenticare” di aver subito una violenza sessuale mentre si porta avanti il ruolo di dirigente d’azienda).

    Sono quindi reazioni di auto-protezione in un momento di minaccia reale, presunta oppure semplicemente ricordata come avviene successivamente al trauma.

    I sintomi dissociativi si trovano solo nei disturbi dissociativi?

    Assolutamente no, sono presenti in tanti tipi di disturbi e come reazione in forme di sofferenza psico-emotiva. I sintomi di depersonalizzazione e derealizzazione sono molto frequenti negli attacchi di panico o nei disturbi da stress e trauma. In questi ultimi si trovano spesso anche forme di amnesia, analgesia e dolori fisici.

    Quanto sono frequenti i disturbi dissociativi?

    Fino agli anni ottanta i disturbi dissociativi sono stati poco considerati in letteratura perché sembravano estremamente rari. Oggi si riscontrano nel 10% della popolazione generale soprattutto in quelle persone che hanno vissuto un’esperienza traumatica come terremoto, incidente, stupro, guerre, ecc.

    La psicoterapia con i disturbi dissociativi

    Sono più utili gli interventi individuali rispetto a quelli di gruppo per evitare la forte suggestionabilità e quindi l’eccessivo riconoscimento nella storia e nel dolore altrui. La terapia mira a:

    – raggiungere una migliore integrazione della percezione di se stessi e della propria storia;

    – sviluppare una rappresentazione di se stessi e degli altri più coerente e funzionale al benessere psico-emotivo;

    – combattere la sensazione di impotenza appresa.

    La psicoterapia sistemico-relazionale aiuta a ricostruire la propria storia di vita e familiare, ritrovare se stessi all’interno di un luogo di appartenenza e quindi nei legami significativi. Si ottiene un’integrazione della propria identità, dei ricordi, del tempo vissuto internamente e un ri-orientamento spazio-temporale. La terapia EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) completa il lavoro terapeutico con l’elaborazione dei vissuti traumatici e l’installazione di risorse utili per la conduzione di una vita serena.

    I sintomi dissociativi possono essere un problema da gestire durante lo svolgimento della terapia. Il terapeuta deve saperli riconoscere e gestirli per rendere possibile la conduzione della seduta e il raggiungimento degli obiettivi terapeutici. La persona può riferire di non ricordare niente, di non avere niente di particolare da trattare insieme al professionista, di non provare nulla mentre ricorda determinati eventi dolorosi, di avere la sensazione di fluttuare sopra il proprio corpo o di non essere presente nel dialogo. Può capitare che la persona accusi sonnolenza improvvisa che manifesta con sbadigli, intorpidimento oppure cefalee improvvise e altri sintomi fisici che costringono il professionista ad interrompere il lavoro che sta cercando di portare avanti. In alcune occasioni la persona può anche alzarsi in piedi e provare ad uscire dallo studio del terapeuta mostrando perplessità sul motivo dell’incontro.